In questo articolo approfondiamo le caratteristiche che devono avere le vernici per applicazioni spaziali e come vengono applicate, prendendo ad esempio la verniciatura di Perseverance, il rover spaziale della missione Mars 2020 della NASA.
La verniciatura non serve soltanto ad abbellire esteticamente un oggetto ma anche a proteggerlo dall’ambiente esterno che, in assenza di un adeguato rivestimento, finirebbe per deteriorare e compromettere definitivamente il pezzo. Tutto ciò è ancor più vero per tutti i mezzi e le attrezzature destinati a viaggiare e permanere nello spazio, dove le condizioni atmosferiche possono essere ancora più estreme di quelle presenti sulla Terra (basti pensare, ad esempio, all’esposizione alle radiazioni infrarosse e ultraviolette del Sole o al rischio di accumulo di cariche statiche).
Come fanno, quindi, la NASA e le altre agenzie spaziali ad assicurare la protezione e il funzionamento dei propri veicoli spaziali? In questo articolo approfondiamo le caratteristiche che devono avere le vernici per applicazioni spaziali nonché il processo di applicazione, prendendo ad esempio la verniciatura di Perseverance, il rover spaziale della missione Mars 2020 della NASA, incaricato di cercare segni di vita antica e raccogliere campioni di roccia su Marte.
Gli effetti dell’ambiente spaziale sulle superfici
Per combattere efficacemente gli elementi, i rivestimenti superficiali applicati su veicoli spaziali devono offrire una protezione completa da una serie di potenziali sfide. Oltre a resistere a cicli di temperatura, all’umidità, alla nebbia salina, e all’usura abrasiva – tutte specifiche richieste anche per le vernici per applicazioni “terrestri” – i rivestimenti destinati alle applicazioni spaziali devono soddisfare particolari requisiti. Infatti, oltre all'esposizione prolungata al vuoto e ai danni causati dall'impatto dei micrometeoriti, nell'ambiente spaziale c’è un’esposizione maggiore alle radiazioni, un accumulo di cariche statiche e un'esposizione termica variabile.
Ad esempio, uno dei problemi più comuni osservati già nelle prime missioni spaziali deriva dalla saldatura a freddo, un processo che nello spazio si innesca anche in assenza di calore e che provoca la fusione dei metalli a contatto in vuoto. I laboratori europei si riferiscono a questo processo come 'adesione', 'attaccamento' o 'sticktion'. La saldatura a freddo tra due superfici di contatto può avvenire in condizioni di impatto o sfregamento. Infatti, gli urti possono degradare gli strati superficiali, siano essi ossidi naturali, film di conversione chimica o rivestimenti. Ciò può aumentare notevolmente la tendenza di queste superfici di contatto a "saldarsi a freddo" tra loro.
In questo caso, sono necessari rivestimenti specifici per ridurre l'adesione di contatto al fine di evitare la saldatura a freddo.
Un altro effetto strettamente correlato alla saldatura a freddo è il fretting. Le vibrazioni che si verificano durante il lancio o durante il movimento delle antenne nello spazio, ad esempio, possono portare a piccoli movimenti oscillatori nelle superfici di contatto, che vengono definiti "fretting". Questi movimenti possono causare una distruzione della superficie e portare a effetti di saldatura a freddo. Un esempio documentato di guasto dovuto alla saldatura a freddo dopo il fretting si è verificato sulla navicella spaziale Galileo nel 1991. Le nervature dell'antenna ad alto guadagno a forma di ombrello della navicella, bloccate per il lancio, non si sono più aperte. Le indagini hanno dimostrato che lo sfregamento durante il trasporto e il decollo ha causato la saldatura a freddo delle nervature nella posizione di lancio.
Anche i fotoni solari possono causare un degrado delle superfici metalliche. Infatti, i raggi UV
sono spesso responsabili della modifica della microstruttura delle leghe di alluminio con conseguenti impatti negativi, come la riduzione della loro resistenza alla trazione.
Infine, i materiali nelle applicazioni spaziali possono subire forti shock termici, sia durante il lancio sia a causa delle temperature estremamente variabili in orbita.
Le proprietà delle vernici per applicazioni spaziali
Per far fronte a tutti i potenziali problemi citati finora e quindi assicurare il corretto funzionamento di mezzi e attrezzature, le vernici utilizzate nello spazio devono combinare diverse caratteristiche.
In generale si può dire che i rivestimenti devono avere un’elevata stabilità e adesione per poter resistere alle estreme condizioni che si generano nello spazio. Devono assicurare un’ottima resistenza agli shock termici e il giusto isolamento. Devono inoltre essere riflettenti e a basso assorbimento per riflettere la radiazione solare e ridurre così il degrado causato dai fotoni solari, nonché per ridurre la temperatura dei materiali.
Devono, inoltre, assicurare un degassamento dei pori molto basso oltre che essere rispettose dell’ambiente (quindi a basso contenuto di COV e prive di sostanze tossiche o metalli pesanti).
Il processo di verniciatura di un veicolo spaziale
Ora che sappiamo le caratteristiche che devono avere le vernici utilizzate nello spazio, vediamo esattamente come si applicano, prendendo ad esempio Perseverance, il rover della NASA partito il 30 luglio 2020 e atterrato su Marte il 18 febbraio 2021 per cercare segni di vita antica e raccogliere campioni di roccia e regolite (frammenti di roccia e suolo) per un possibile ritorno sulla Terra.
La produzione e la verniciatura di Perseverance, veicolo a sei ruote motrici grande come un SUV, ha richiesto diversi passaggi e tempistiche decisamente più lunghe rispetto alla verniciatura di altri manufatti “terrestri”.
L’assemblaggio e il lavoro preliminare
A metà aprile 2018, più di venti pezzi di alluminio 7050 e 7075, che avrebbero costituito la struttura principale della scocca, sono stati posti in una camera bianca del Jet Propulsion Laboratory della NASA, insieme a circa un centinaio di componenti secondari più piccoli. Nei successivi quattro mesi e mezzo, ingegneri e tecnici della missione Mars 2020 hanno pianificato, misurato, esaminato, consultato, perforato e fissato tutti pezzi fino a costruire il telaio del rover. Per tenere insieme il telaio ci sono voluti 610 rivetti, 730 rondelle, 644 dadi e 964 elementi di fissaggio, che hanno richiesto ben oltre 1000 fori, tutti eseguiti a mano.
Alla fine delle 5000 ore di assemblaggio, il telaio del rover è stato sottoposto a mascheratura per prepararlo al processo di verniciatura. Ci sono infatti alcuni punti del telaio dove la vernice non deve essere applicata. Si tratta di punti in cui devono essere imbullonate le scatole elettriche ed eseguiti i cablaggi nonché punti di aggancio per strumenti scientifici ipersensibili, che per funzionare al meglio richiedono superfici metalliche nude. Pertanto, i tecnici hanno dovuto mascherare tutte le parti che non dovevano essere verniciate. Per questa operazione, che ha richiesto 500 ore di lavoro, si sono resi necessari più di 600 pezzi di nastro per mascheratura di ogni forma e dimensione (alcuni più piccoli di una moneta), applicati manualmente e lisciati per evitare la formazione di bolle. Sono stati applicati anche 135 stencil temporanei in lamiera al fine di mascherare aree più ampie del rover che richiedevano una copertura più rigida.
Il 6 agosto 2018 il telaio di Perseverance, mascherato con nastro e rivestimenti metallici e poi coperto con un involucro sterile antistatico, è stato trasportato al reparto verniciatura.
La verniciatura e la cottura
Dopo aver rimosso l’involucro antistatico e ispezionato il rover, i tecnici hanno preparato la superficie carteggiandola con carta abrasiva per garantire una migliore aderenza della vernice. Per prevenire la corrosione o l’ossidazione la regola è che, una volta iniziato, si hanno sei ore di tempo per completare il processo di trattamento superficiale, che in questo caso prevedeva carteggiatura, applicazione del primer e verniciatura.
Per via delle dimensioni del veicolo, l’applicazione è stata affrontata in fasi da tre persone. Prima è stato verniciato il ponte superiore, lasciandolo asciugare per un giorno; in seguito i tecnici sono passati alla verniciatura dei lati. Dopo un giorno di pausa, sono stati verniciati il fronte e il retro del veicolo. Nonostante la distribuzione del lavoro, la sabbiatura e la pulizia meticolosa hanno richiesto oltre due delle sei ore disponibili.
Per l’applicazione della vernice, gli operatori, muovendosi alla stessa velocità, hanno utilizzato pistole con lo stesso settaggio, azionate alla stessa distanza.
Il primer e la vernice utilizzati su Perseverance hanno superato rigorosi test di sopportazione di urti, vibrazioni, raggi UV, nonché di sopravvivenza al freddo marziano. Il tutto senza rilascio di composti organici e altri materiali che potrebbero influenzare gli esperimenti scientifici della missione.
Meno di cinque ore dopo l’applicazione tristrato, la verniciatura del rover Perseverance si è conclusa: il telaio è stato rivestito con uno spessore tra i 4 e i 6 millesimi di pollice.
Il 14 agosto il telaio di Perseverance è stato nuovamente avvolto in un involucro antistatico e trasportato in una camera sottovuoto dove è stato cotto a 110°C sottovuoto per tre giorni. Questo processo non solo indurisce la vernice ma cuoce letteralmente i contaminanti presenti sul rivestimento che potrebbero degassare durante il volo: poiché Mars 2020 è una missione astrobiologica è fondamentale che i campioni prelevati da Marte non vengano contaminati.
Lunedì 20 agosto il telaio è uscito dal forno ed è stato sottoposto ad alcune ispezioni e ritocchi finali, finalmente pronto per partire alla volta di Marte.
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