Origine, significati e esempi di utilizzo dei colori: l’arancione

Date: 27/08/2024
Categorie: Colour study

Un colore rimasto sfuggente per molto tempo sia a livello linguistico che dal punto di vista cromatico, l’arancione ha una storia altalenante: è stato poco amato fino alla sua consacrazione ufficiale avvenuta prima con Newton e, poi, con la pittura impressionista. Oggi le sue applicazioni più note sono legate alla sua elevata visibilità, ma ci sono, come sempre nello studio dei colori, alcune sfaccettature sorprendenti.

L'arancione è il rosso avvicinato all'umanità dal giallo", Wassily Kandinsky

L’arancione, risultato dall’unione di rosso e giallo, è un colore coinvolgente, in grado di polarizzare l’attenzione e che ritroviamo in molti momenti della nostra giornata, forse perché è l’unico colore il cui nome deriva da un frutto che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente: l’arancia, appunto. In Europa e nelle sue molteplici lingue, prima dell’introduzione di questo frutto avvenuta nel XV secolo ad opera dei marinai portoghesi che lo importarono dall’Asia, non esisteva un termine né una definizione precisa che indicasse questo colore e, secondo alcune fonti, proprio per questo motivo siamo soliti utilizzare definizioni come “pesci rossi” e “capelli rossi”, indicando elementi che rossi effettivamente non sono. Un colore che, quindi, è rimasto indefinito sia dal punto di vista cromatico, dal momento che la miscela di rosso e giallo è tecnicamente difficile da riprodurre sia in tintura che in pittura, sia linguistico, per il motivo appena visto. Restò per molto tempo legato agli aspetti negativi delle due tinte che lo compongono, recuperando credito solo quando iniziò ad essere associato all’oro.

L’arancione in natura è il colore dell’autunno, dei tramonti accesi, del fuoco, di alcuni frutti come l’arancia appunto, l’albicocca e il caco, dei fiori come i lilium e i tulipani. Richiama la freschezza, l’allegria, l’eccitazione, la forza, la cooperazione, l’onore e la generosità, l’avventura, il calore, la buona salute, la gioia, la spontaneità e la positività, l’energia e la vitalità: si pensa infatti che sia uno dei colori che i bambini più adorano. Ha, però, alcuni rimandi negativi che lo associano alla superficialità, all’arroganza, alla sfacciataggine, all’orgoglio e all’impazienza.

Per la sua alta visibilità è anche il colore dei coni stradali, delle pettorine da lavoro, delle divise dei carcerati americani e dei gommoni di salvataggio, oltre che della festa di Halloween con le sue zucche, di alcune architetture iconiche del nostro tempo e della ruggine.

L’origine della parola “arancione”

Come abbiamo visto, il termine “arancione” (in inglese, in francese e in tedesco “orange”, in spagnolo e in portoghese “naranja”) è in uso dal 1500 per riferirsi al colore che prende origine dal frutto dell'arancio, il cui nome ha, invece, un'origine etimologica molto più complessa. In effetti, il primo uso documentato della parola “orange” risale al 1502 quando fu utilizzata per descrivere alcuni dei tessuti tenuti da parte per il matrimonio della principessa Margaret Tudor con il re Giacomo IV di Scozia. Deriva dal sanscrito naranga, con cui si indicava l'albero di arancio e che, a sua volta, era forse legato alla tinta giallo zafferano dei pistilli di una pianta chiamata nāgakesara (il suo nome scientifico attuale è mesua ferrea). Si passa poi all’utilizzo nella lingua persiana del termine narang e nella lingua araba naranj (da cui deriva anche il termine del dialetto veneziano naranza o narancia). In basso latino (arangia o aurantia) e poi in italiano, la perdita della “n” iniziale fu forse dovuta all'influsso della parola latina aurum, cioè "oro", a cui l’arancione iniziò ad essere associato a partire dal XVI secolo.

L’arancione nella storia antica

Nonostante non avesse un nome in grado di definirlo, l’arancione è però presente nella storia antica fin dalla preistoria. La più antica pittura rupestre mai rinvenuta al mondo è quella di un toro banteng, fatto risalire a 40 mila anni fa, nella grotta di Lubang Jeriji Saleh sull’isola del Borneo, in Indonesia, dove sono stati utilizzati pigmenti ocra rosso-arancioni o l’ossido di ferro per dipingere le pareti e il soffitto con centinaia di impronte di mani (probabilmente risalenti a 52 mila anni fa), raffigurazioni di animali e figure antropomorfe. Nelle prime civiltà, come quella dell’Antico Egitto, l’arancione era ottenuto da un minerale chiamato realgar, considerato da molti l'unico pigmento arancione puro esistente fino al XIX secolo. Nell’Antica Roma fu affiancato da un altro minerale, l’orpimento, pericoloso e tossico almeno quanto il primo; entrambi furono ampiamente utilizzati fino in epoca medioevale per la realizzazione dei manoscritti miniati. I cristiani usavano l’arancione come simbolo dei peccati di gola.

Il toro banteng ritrovato nella grotta di Lubang Jeriji Saleh sull’isola del Borneo, in Indonesia, e fatto risalire a 40 mila anni fa. © Luc-Henri Fage

La tonalità naturalmente giallo oro rendeva l’orpimento di grande interesse per gli alchimisti, che ipotizzarono contenesse il segreto per creare l'oro. Nell'antica India e in Cina, dove l’orpimento era utilizzato come medicinale nonostante il suo alto contenuto di arsenico, per ottenere “l’arancione” veniva invece utilizzata una pietra semipreziosa chiamata corniola, sicuramente più sicura e meno tossica.

La parabola dell’arancione tra Medioevo e Rinascimento

Nel Medioevo l’arancione rimase una miscela delicata da ottenere e una tinta che non corrispondeva ai criteri che all’epoca definivano un colore di qualità, ossia saturazione e stabilità. La situazione cambiò quando questo colore iniziò ad essere ottenuto dallo zafferano, un prodotto raro, costoso e delicato, riservato ai tessuti preziosi come la seta. Ma soprattutto fu proprio l’aumentata conoscenza delle qualità attribuite al frutto omonimo a riscattarlo e a farlo via via assimilare sempre più al giallo dorato e all'esotismo e, successivamente, al potere e alla ricchezza sia nelle società orientali che in quelle occidentali.

Durante il Rinascimento, eccone di nuovo il declino: l’arancione perse importanza – sono infatti rari i dipinti del tempo in cui questo colore fu riprodotto - e finì per essere utilizzato nei tessuti degli abiti dei contadini o della classe media che voleva imitare i vestiti impreziositi di rosso della nobiltà.

Il riscatto dell’arancione

Nel 1670, finalmente, Isaac Newton decodificò ufficialmente l'arancione nello spettro dei colori e nel 1765 fu scoperta nella miniera di Beresof vicino a Ekaterinburg negli Urali siberiani la crocoite, un minerale cristallino raro di colore rosso-arancio brillante, che portò nel 1809 alla creazione del pigmento sintetico arancione cromo, a cui fecero presto seguito altri pigmenti sintetici, come l’arancio cobalto. Tra il XVII e il XVIII secolo, iniziarono a diffondersi i dipinti che riproponevano questo colore associato ad una concezione positiva: per esempio, Pomona, la dea dell'abbondanza feconda e il cui nome deriva dalla parola latina pomon che significa frutto, era spesso raffigurata con un abito o un mantello arancione. In Inghilterra divenne molto popolare tra i Preraffaelliti: i fluenti capelli rosso-arancio di Elizabeth Siddal, moglie del pittore Dante Gabriel Rossetti, divennero un simbolo del movimento. Anche Albert Joseph Moore, pittore attivo nella seconda metà dell’Ottocento, dipinse scene festive di romani che indossavano mantelli arancione brillante, più luminosi di quelli che qualsiasi romano avrebbe mai indossato nella realtà.

L’arancione nell’arte contemporanea

A partire dal XIX secolo, i nuovi pigmenti sintetici a cui abbiamo fatto cenno prima e l’invenzione del tubetto di vernice metallica avvenuta nel 1841, consentirono agli artisti di dipingere all’aperto e catturare i colori della luce naturale: il primo pittore ad inaugurare la tecnica poi nota come “en plein air” fu l’inglese William Turner, ricordato oggi come “il pittore della luce”, a cui si affiancò il movimento italiano dei Macchiaioli e la scuola francese di Barbizon, da cui prese avvio la corrente impressionista, di cui ricordiamo le opere in particolare di Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet. Quest’ultimo nel 1872 dipinse “Impression, soleil levant” - da qui il nome del movimento, l’impressionismo - in cui un minuscolo sole arancione è il punto centrale del dipinto e il suo riflesso illumina la superficie dell'acqua. L'arancione divenne così un colore importante per tutti i pittori impressionisti: avevano studiato la teoria dei colori e sapevano che l’arancione posizionato accanto all’azzurro faceva apparire entrambi i colori molto più luminosi. Auguste Renoir, solo per citare un esempio, dipinse barche con pennellate di colore arancione applicato direttamente dal tubo di vernice.

L’importanza di questo elemento cromatico è evidente anche nel periodo successivo: per riempire i suoi dipinti di luce ed esotismo, il post-impressionista Paul Gauguin ne faceva ampio utilizzo come colore di sfondo, per i vestiti e il colore della pelle delle donne tahitiane protagoniste dei suoi famosi quadri.

L’arancione di Van Gogh

Il pittore che più associamo all’arancione e al giallo è sicuramente Vincent Van Gogh: con il sapiente uso di questi colori, che richiamano la pura luce del sole della Provenza o, per contrasto, la luna e le stelle in un cielo azzurro cobalto, questo artista ha realizzato paesaggi emotivamente commoventi e coinvolgenti.

Probabilmente iniziò proprio da qui l’uso dell’arancione in una pittura più introspettiva dove veniva applicato per ottenere un contrasto positivo con soggetti drammatici come quelli raffigurati nei dipinti: “L’urlo” di Edvard Munch (1893-1910), “Autoritratto in giacca arancione” di Egon Schiele (1913) e “Tre studi per figure alla base di una crocifissione” di Francis Bacon (1944). Ma l’arancione è stato protagonista anche di opere più leggere come Senecio di Paul Klee (1922), in cui con la tipica tecnica cubista è rappresentato un volto composto da una serie di cerchi e quadrati sovrapposti e i cui colori prevalenti sono l’arancione, il giallo e il blu.

Chiudiamo questa carrellata artistica con una curiosità: una delle opere d’arte contemporanea più costose al mondo è il dipinto “Orange, red, yellow” realizzato dall’artista americano Mark Rothko nel 1961 e battuto all’asta di Christie’s a New York per 86,9 milioni di dollari nel 2012. Il quadro è un vero e proprio tuffo in una tela densamente colorata con le 3 tinte citate nel titolo.

L’arancione al giorno d’oggi

Alcune culture considerano l’arancione un colore sacro perché rappresenta un elemento di raccordo tra la forza del rosso e la perfezione del giallo. Nell'Induismo, l'arancione è indossato dal dio Krishna e dai buddisti la cui veste tipica arancione, il kesa, rappresenta il colore dell’illuminazione e la rinuncia ai piaceri terreni, una concezione completamente opposta a quella dei cristiani delle origini, come abbiamo visto.

Colore ufficiale dei Paesi Bassi, i cui rappresentanti alle diverse manifestazioni sportive e i loro tifosi vestono di arancione, richiama le origini della famiglia reale dal principato di Orange-Nassau. Fu presente nella bandiera nazionale fino al 1937, quando un decreto reale stabilì definitivamente che il rosso avrebbe sostituito l’arancione affiancando il bianco e il blu. Nel mondo occidentale è stato utilizzato in diverse occasioni per sostenere una precisa fazione politica: è divenuto il simbolo della rivoluzione pacifica di Viktor Juščenko in Ucraina all'indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004. E’ anche il colore del partito protestante nell’Irlanda del Nord: richiamerebbe infatti il gruppo protestante che sostenne Guglielmo d’Orange nella Guerra dei Due Re, culminata con la sconfitta del cattolico Giacomo II. La sua presenza nella bandiera ufficiale dell’Irlanda libera si affianca al verde che, secondo alcune fonti, rappresenterebbe la comunità cattolica e al bianco centrale, che vuole essere l’elemento di riappacificazione tra le due fazioni.

L’arancione in natura: dal sudore degli ippopotami alla ruggine dei fiumi dell’Alaska

Nel mondo animale numerosi – e forse più di quanto si possa pensare - sono i richiami a questo colore. Caratteristica cromatica del becco di alcuni uccelli, come il tucano, il cardinale e la beccaccia di mare, o del loro piumaggio, come quello del galletto di roccia della Guyana, sapevate che è presente anche nel sudore degli ippopotami? Sì perché il loro “sudore” - che sudore tecnicamente non è - è composto da pigmenti rossi e arancioni: il pigmento rosso contiene un antibiotico, mentre quello arancione assorbe i raggi UV. I due pigmenti lavorano insieme per proteggere l’epidermide di questi mammiferi sia dalle infezioni batteriche che dai danni del sole, permettendo loro di crearsi così una crema solare naturale. E sapevate che, come i cani e i gatti, anche i cervi non distinguono il colore arancione? Alcuni ricercatori dell’Università della Georgia hanno svolto studi approfonditi per arrivare a questa conclusione utile per la scienza e per chi voglia avvicinare un cervo, con intenzioni buone o cattive, e non si voglia far riconoscere.

Il “sudore” dell’ippopotamo è costituito da pigmenti rossi e arancioni. © AdobeStock

Negli elementi naturali, questo colore è più difficile da identificare: è di pochi mesi fa la notizia riportata dalla CNN che rileva un fenomeno sorprendente per cui alcuni fiumi dell’Alaska stanno virando dal blu pulito e trasparente all’arancione. Secondo gli studiosi, questo viraggio, comune in alcune aree geografiche come quella degli Appalachi per la presenza di insediamenti minerari ma eccezionale in zone selvagge, incontaminate e lontane da miniere, sarebbe dovuto ai metalli tossici rilasciati dallo scongelamento del permafrost. Noi del settore dei trattamenti superficiali potremmo affermare che, per una volta, il fenomeno dannoso della ruggine non è dovuto alla mancanza di prevenzione e manutenzione che provoca la corrosione delle strutture metalliche... anche se - in questo caso – non è di consolazione.

Una veduta aerea del fiume Kutuk virato in arancione nel Gates of the Arctic National Park in Alaska. © Ken Hill-National Park Service

Altre curiosità sull’arancione

Le caratteristiche di alta visibilità e contrasto con gli altri colori di questa tinta sono invece quelle che ne hanno determinato la scelta per le divise dei carcerati americani e delle tute degli astronauti durante il decollo e il rientro dei loro veicoli spaziali. Nel primo caso, questo colore utilizzato per le divise serve a rendere più identificabili i carcerati in caso di fuga, mentre, nel secondo, vestire gli astronauti di arancione è utile in caso di incidenti durante il decollo o il rientro, quando possono essere costretti ad abbandonare il velivolo in avaria e, nella maggioranza dei casi, finiscono in mezzo al mare. Grazie al colore delle tute in “arancione internazionale” sono più facilmente individuabili per essere recuperati. L’arancione internazionale è infatti una tonalità utilizzata in ogni parte del globo per segnalare gli ostacoli, mettendoli in contrasto con il paesaggio o le strutture circostanti e lo sfondo del cielo, tanto da essere utilizzato anche in architettura. E’ di questo colore, per esempio, il Golden Gate bridge di San Francisco per permettere alle navi che si affacciano sulla baia di distinguerlo non solo dall’ambiente circostante, ma anche in mezzo alla nebbia tipica che caratterizza la costa. L’origine dell’aggettivo “golden” attribuito a questo ponte è legata, invece, alla sua posizione: è infatti collocato sopra lo stretto del Golden Gate, l’ingresso alla baia di San Francisco dall’Oceano Pacifico.

Quando si trattò di scegliere il colore del Golden Gate Bridge, l’architetto responsabile dell’opera Irving Morrow scelse l’arancione internazionale per rendere visibile il ponte alle navi in arrivo nella baia anche quando Karl The Fog – il nome dato dai residenti alla nebbia che caratterizza questo tratto di costa - rende impossibile distinguere qualsiasi cosa presente nella baia.

E sapevate che anche la Tour Eiffel è stata verniciata di giallo-arancio nel 1899? Sì, perché prima che venisse scelto il definitivo brun Eiffel nel 1968, la torre parigina ha indossato abiti di diversi colori con tonalità cangianti dal giallo all’ocra, all’arancione, appunto.

Nella moda, chi - inaspettatamente per il suo ruolo - amava vestire di arancione era la defunta regina Elisabetta: una tinta scelta probabilmente per meglio distinguersi e rendere più facile al personale della sicurezza controllarne gli spostamenti.

Infine, nell’ambito del marketing molte aziende famose hanno scelto questo colore per il proprio logo. Solo per citarne alcune: Amazon per il proprio “smile” e Wind, l’olandese TNT, forse per un motivo patriottico, e la danese Just Eat, che ne sottolineano l’associazione con un’idea rassicurante e amichevole, oppure le americane Harley Davidson e Nickelodeon per esprimere un’idea di avventura e di divertimento.

Al termine di questo lungo excursus sulla storia dell’arancione, possiamo concludere che Kandinsky con la sua affermazione aveva sicuramente centrato l’essenza di questo colore rimasto per lungo tempo indefinito: l’arancione è il modo con cui il gioioso e più leggero giallo rende più accettabile agli occhi dell’uomo l’impetuosità e la violenza del rosso.